Alcuni giorni fa, affisso al portone di un condominio di Rozzano, è apparso un singolare cartello: “Attenzione!!! Ci sono positivi al Covid nel condominio. Massima cautela!!!”. Il cartello pare essere stato apposto dall’amministratore condominiale, dopo aver appreso che una famiglia residente all’interno del condominio aveva contratto il virus e si trovava in quarantena domiciliare.
L’episodio ha dato origine a forti polemiche e opinioni contrastanti: la famiglia interessata ha percepito la vicenda come una grave lesione dei propri dati sensibili, oltre ad essersi sentita ingiustamente “additata” come “untrice”, ed ha addirittura proposto denuncia contro ignoti (non avendo la certezza se l’autore del cartello fosse l’amministratore o un condomino).
I rappresentanti di alcune associazioni si sono esposti su questa vicenda, muovendo aspre critiche contro la suddetta “segnalazione” e persino il Sindaco di Rozzano ha espresso il proprio parere sulla questione.
La notizia, circolata rapidamente anche grazie ai social network, ha diviso la cittadinanza tra coloro che parlano di “ritorno alla peste manzoniana” e chi invece sostiene che le esigenze di contenimento della pandemia e, in particolare, la necessità di tutelare le persone più fragili, rendano giustificabile, o addirittura doverosa, l’adozione di comportamenti che, in una situazione di normalità, rappresenterebbero una violazione della privacy.
In ogni caso, la vicenda porta all’attenzione il tema dei dati personali, con particolare riferimento a quelli definiti sensibili, tra i quali si annoverano anche i dati relativi allo stato di salute.
Vediamo brevemente cosa di cosa si tratta, secondo l’Autorità Garante per la Protezione dei Dati Personali.
Per dati personali si intendono tutte le informazioni che identificano o rendono identificabile, direttamente o indirettamente, una persona fisica e che forniscono informazioni sulle sue caratteristiche, le sue abitudini, il suo stile di vita, le sue relazioni personali, il suo stato di salute, la sua situazione economica o altri aspetti rilevanti della vita.
Tra questi dati, assumono particolarmente rilevanza:
- quelli che permettono l’identificazione diretta, come i dati anagrafici (ad esempio: nome e cognome, indirizzo, il codice fiscale) e le immagini che ritraggono, in maniera riconoscibile, la persona interessata;
- i cosiddetti dati “sensibili”: quelli che riguardano l’etnia, le convinzioni religiose, filosofiche o politiche, l’appartenenza sindacale, le informazioni genetiche e/o relative alla salute, alla vita e/o all’orientamento sessuale, nonché i dati biometrici;
- i dati “giudiziari”: quelli che riguardano l’esistenza di condanne civili o penali a carico del soggetto o la pendenza di procedimenti giudiziari che lo riguardano;
- i dati che consentono la geolocalizzazione della persona.
Quanto all’uso che può essere fatto dei suddetti datti, si definisce “trattamento” qualsiasi operazione o insieme di operazioni, compiute con o senza l’ausilio di processi automatizzati e applicate a dati personali o insiemi di dati personali (ad esempio: la raccolta, la registrazione, l’organizzazione, la strutturazione, la conservazione, l’adattamento o la modifica, l’estrazione, la consultazione, l’uso, la comunicazione mediante trasmissione, diffusione o qualsiasi altra forma di messa a disposizione, il raffronto o l’interconnessione, la limitazione, la cancellazione o la distruzione dei dati stessi).
I soggetti che procedono al trattamento dei dati personali altrui devono adottare particolari misure per garantire il corretto e sicuro utilizzo dei dati, pena l’incorrere in comportamenti illegittimi che possono sfociare anche in gravi lesioni della privacy e della riservatezza ed esporre l’autore del trattamento a conseguenze giuridiche di vario genere.
Per tornare alla specifica vicenda occorsa nel condominio di Rozzano, vi è stata senza dubbio una divulgazione di dati sensibili, in quanto inerenti lo stato di salute altrui.
Se è vero che l’autore del cartello non ha reso noti i nomi delle persone contagiate, è, però presumibile che, trattandosi di un contesto ristretto quale un condominio, i soggetti interessati fossero identificabili con estrema facilità.
Del resto, occorre ricordare che una persona positiva al virus non è tenuta a comunicarlo all’amministratore condominiale, né tantomeno ai singoli condomini, i quali possono certamente – una volta appresa in qualsiasi modo la circostanza – adottare le precauzioni ritenute più idonee per la propria salute, ma sempre nel rispetto della sfera di riservatezza altrui, senza, quindi, esporre il soggetto interessato ad una indebita e non autorizzata divulgazione a terzi dei suoi dati sensibili.