Dopo cinque anni dall’ultima pronuncia in materia, la Corte Costituzionale torna ad esprimersi in tema di scelta del cognome per il figlio e lo fa, questa volta, sollevando una questione di legittimità costituzionale avanti a se stessa.
Il tema era stato affrontato per la prima volta nel 2016, a seguito di una condanna del nostro Paese da parte della Corte di Strasburgo, che aveva ravvisato nell’ordinamento giuridico italiano una discriminazione nei confronti delle donne e una violazione della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, data dalla mancanza di una norma che prevedesse la possibilità di attribuire ai figli il cognome materno.
Nel 2016 la Corte Costituzionale aveva affermato la possibilità, per i figli nati in costanza di matrimonio, di assumere anche il cognome della madre, in aggiunta a quello del padre, in caso di accordo tra i coniugi in tal senso, giudicando l’automatica attribuzione del solo cognome paterno “un’irragionevole disparità di trattamento tra i coniugi, che non trova alcuna giustificazione nella finalità di salvaguardia dell’unità familiare”.
In tale occasione, la Corte aveva espressamente invitato il Legislatore a riformare la normativa concernente l’attribuzione del cognome ai figli “secondo criteri finalmente consoni al principio di parità”, anche nell’ottica di allineare l’Italia rispetto agli orientamenti delle Corti sovranazionali.
L’invito è rimasto, però, lettera morta e, cinque anni dopo, il problema è stato nuovamente sollevato, su iniziativa del Tribunale di Bolzano, che, rievocando proprio la sentenza del 2016 (n. 286 del 2016), ha chiesto alla Consulta di pronunciarsi sulla norma che regola il cognome del figlio nato fuori dal matrimonio (l’articolo 262 primo comma del codice civile), nella parte in cui non consente ai genitori, di comune accordo, di trasmettere al figlio, al momento della nascita, il solo cognome materno.
La Corte non soltanto ha accolto la richiesta di esame avanzata dal Tribunale di Bolzano, ma ne ha esteso la portata, ponendo ulteriori dubbi di legittimità costituzionale: la Consulta ha, infatti, ritenuto essenziale “autointerrogarsi” su una questione più generale, ossia sulla costituzionalità della regola, prevista dal Codice civile, di assegnare sempre (e non solo per i figli nati fuori dal matrimonio) il solo cognome del padre.
In sostanza, secondo i Giudici è necessario rianalizzare la questione alla radice, tenendo conto di diversi fattori, quali la mutata percezione della parità di genere che negli ultimi anni ha fatto strada anche grazie alle Corti Europee. Nell’immobilismo parlamentare, dunque, la parola passa, ancora una volta, ai “Giudici delle Leggi”, dai quali si attende un intervento incisivo e nuovi moniti per il Legislatore