Negli ultimi tempi si sente spesso nominare il cosiddetto stalking condominiale, soprattutto a seguito dei periodi di lockdown, durante i quali molte persone, confinate all’interno delle mura domestiche, hanno dovuto fare i conti con vicini di casa molesti.
Ci si può difendere dal vicino “fastidioso”?
La risposta a questa domanda dipende principalmente da due fattori: l’entità del disturbo e il carattere abituale o meno dello stesso.
In primo luogo, infatti, occorre precisare che la molestia, per essere considerata tale, deve consistere in un comportamento che ecceda la cosiddetta normale tollerabilità; in secondo luogo, affinché sia configurabile una condotta di stalking, occorre che il comportamento molesto sia reiterato nel tempo, cioè non limitato ad un episodio isolato.
In presenza della reiterazione, infatti, la condotta assume rilevanza non tanto per il singolo episodio, quanto piuttosto come serie di atti che – nel loro insieme, se connotati da una certa portata offensiva, sono qualificabili come persecutori.
Gli atti persecutori costituiscono un comportamento penalmente rilevante punito ai sensi dell’art. 612 bis codice penale, che sanziona, con la reclusione da un anno a sei anni e sei mesi, “chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita”.
Per riassumere, dunque, un comportamento molesto è qualificabile come atti persecutori se:
1) è reiterato nel tempo (carattere dell’abitualità);
2) le molestie sono tali da generare in chi le subisce uno stato di ansia, paura o fondato timore per l’incolumità propria o dei propri congiunti.
All’interno della categoria, tendenzialmente onnicomprensiva, degli atti persecutori, la giurisprudenza, da alcuni anni, ha delineato il più specifico ambito del cosiddetto stalking condominiale, ossia, per l’appunto, atti persecutori posti in essere ai danni dei vicini di casa.
Le fattispecie concrete nelle quali la giurisprudenza ha ravvisato gli estremi del reato sono le più varie: dal vicino troppo “dongiovanni” che importunava le donne del condominio, a quello che filmava dirimpettai ad insaputa degli stessi, fino ad una coppia di coniugi che perseguitava con incessanti rumori molesti gli inquilini del piano sottostante.
Affinché sia incardinato un procedimento penale a carico del vicino “persecutore”, occorre sporgere querela nei confronti di quest’ultimo, in quanto il delitto di cui all’art. 612 bis c.p. è procedibile a querela della persona offesa, salvo che il fatto costituisca più grave reato procedibile d’ufficio.
Resta inteso che, qualora il fatto, ancorché riconducibile ad un unico episodio, abbia arrecato un danno, chi lo ha subìto può sempre agire in sede civile per ottenere il risarcimento, a prescindere dalla rilevanza penale o meno del caso di specie.