IL COMMERCIO ELETTRONICO – Cos’è?

Il commercio elettronico (più noto come e-commerce) è il fenomeno che consiste nell’acquisto e nella vendita di beni e servizi attraverso il web, attraverso server con servizi di pagamento online (ad es. carta di credito).

La normativa di riferimento

La normativa italiana di riferimento è contenuta nel decreto legislativo 70/2003, con il quale l’Italia ha dato attuazione alla direttiva europea dell’8 giugno 2000 in tema di commercio elettronico. Considerato che l’e-commerce coinvolge anche (e soprattutto) soggetti inquadrabili come consumatori, la suddetta normativa trova applicazione in combinato con quella stabilita dal Codice del Consumo.

Il sito web

Il principale strumento dell’e-commerce è il sito web: una banca dati digitale in cui sono inseriti elementi informativi di varia natura (quali testi, fotografie, disegni, rappresentazioni musicali, ecc.), tutelabile attraverso quell’insieme di norme conosciute come diritto d’autore.

Le informazioni che devono essere necessariamente inserite all’interno di un sito web commerciale sono:

  • nome o ragione sociale del proprietario;
  • domicilio o la sede legale;
  • contatti;
  • numero di iscrizione al REA o al registro delle imprese, nonché partita IVA;
  • estremi di concessioni, licenze od autorizzazioni e dell’autorità di vigilanza;
  • indicazione chiara dei prezzi;
  • indicazione delle attività consentite all’utente.

Il prestatore di servizi tramite sito web è tenuto a fornire ai propri utenti, oltre che un indirizzo e-mail, anche contatti idonei a consentire una comunicazione diretta ed efficace. Non necessariamente deve trattarsi di un numero di telefono: può essere sufficiente anche una maschera di richiesta di informazioni elettronica, fatte salve le situazioni di impossibilità di accesso alla rete, in cui l’utente ha diritto di richiedere una canale diretto di comunicazione. La mancata indicazione sul sito web aziendale delle informazioni generali obbligatorie è punita con una sanzione amministrativa pecuniaria.

La partita IVA deve sempre essere pubblicata sull’home page del sito, anche qualora esso sia meramente pubblicitario (c.d. siti vetrina, da cui non è possibile acquistare ma solo informarsi sui beni/servizi offerti da un’impresa).  

Per quanto riguarda, poi, le società di capitali, l’art. 2250 comma 7 c.c. impone di indicare sul sito web aziendale anche: sede legale , ufficio registro delle imprese e numero di iscrizione il capitale sociale versato ed esistente l’eventuale stato di messa in liquidazione l’eventuale esistenza di un socio unico Il commercio elettronico.

Le comunicazioni commerciali: la pubblicità in forma elettronica

Il D.Lgs. 70/2003 disciplina anche le comunicazioni commerciali elettroniche intese come “tutte le forme di comunicazione destinate, in modo diretto o indiretto, a promuovere beni, servizi o l’immagine di un’impresa, di un’organizzazione o di un soggetto che esercita un’attività agricola, commerciale, industriale, artigianale o una libera professione”.

Le comunicazioni commerciali devono essere chiaramente identificabili come tali e, sin dal primo invio, devono contenere, in modo chiaro e inequivocabile, una specifica informativa diretta ad evidenziare:

  • che si tratta di comunicazione commerciale;
  • la persona fisica o giuridica per conto del quale essa è inviata;
  • le offerte promozionali di qualsiasi natura (es: sconti, premi, omaggi ecc.);
  • le condizioni di accesso i concorsi o giochi promozionali e le relative condizioni di partecipazione.

Cos’è lo spamming?

Si tratta delle comunicazioni commerciali non richieste. Esse devono essere chiaramente identificabili come tali fin dal momento in cui il destinatario le riceve e devono specificatamente informare quest’ultimo della facoltà di impedire la ricezione di futuri messaggi analoghi (sistema del c.d. opt-out).

I contratti telematici

La normativa sul commercio elettronico prevede una serie di obblighi di contenuto informativo e operativo da rispettare nel corso del perfezionamento del contratto telematico. Tale disciplina può essere derogata solo in caso di rapporti tra imprenditori, mentre è assolutamente inderogabile se il destinatario del servizio è un consumatore.

In particolare, al consumatore deve necessariamente essere fornite una serie di informazioni, prima che egli inoltri il proprio ordine online:

  • specificazione delle fasi tecniche per la conclusione del contratto;
  • modalità di archiviazione e di accesso;
  • mezzi tecnici per la correzione degli errori;
  • codici di condotta;
  • lingue a disposizione oltre all’italiano;
  • strumenti di composizione delle controversie.

Le condizioni generali di contratto devono essere messe disposizione del destinatario in modo che gli sia consentita la memorizzazione e la riproduzione (mediante il cosiddetto download). Si applica in ogni caso la normativa di cui agli artt. 1341 e 1342 c.c. in materia di approvazione delle clausole vessatorie. Occorre, peraltro, precisare che in dottrina, la sottoscrizione telematica (c.d. point and click) non è considerata sufficiente ai fini dell’approvazione per iscritto delle clausole vessatorie ex artt. 1341 – 1342 c.c. Anche la giurisprudenza maggioritaria non riconosce validità a tale forma di sottoscrizione.

Un esempio di clausola vessatoria in materia di e-commerce: sono considerate vessatorie le condizioni generali di contratto che riservano al provider la facoltà di sospendere unilateralmente l’account di un negozio E-Bay, essendo necessario come presupposto un inadempimento grave dell’utente. A tal proposito, non è sufficiente, per procedere alla sospensione di un account, la mera sussistenza di feed-back negativi (Tribunale di Messina 7 luglio 2010).

Una volta ricevuto in via telematica l’ordine da parte del cliente, è necessario inviare (senza ritardo e sempre in forma telematica) una ricevuta dell’ordine stesso, che dovrà contenere un riepilogo delle condizioni contrattuali; le informazioni essenziali sul bene o sul servizio; l’indicazione del prezzo e dei mezzi di pagamento; le informazioni in materia di recesso, i costi di consegna e l’informativa sui tributi applicabili.

Quanto alla conclusione del contratto telematico, si applicano le norme generali in materia di accettazione delle proposta contrattuale.  Nello specifico, l’ordine e la ricevuta si considerano pervenuti quando le parti alle quali sono indirizzati hanno la possibilità di accedervi ed opera la presunzione di conoscenza ai sensi dell’art. 1335 c.c.

Il mancato rispetto delle regole in materia di informazione dell’utente prima della conclusione del contratto è punito con una sanzione amministrativa pecuniaria, salvo che il fatto costituisca reato (es. truffa online).  

La tutela dei consumatori

Il commercio elettronico è soggetto anche alle norme dirette alla specifica tutela dei consumatori contenute nel c.d. Codice del Consumo (D.Lgs. n. 206/2005). Nell’ambito del commercio elettronico, qualunque utente che acceda ad attività commerciali online per scopi personali è qualificabile come consumatore. Anche sotto il profilo del Codice del Consumo, le condizioni generali di contratto pubblicate sul sito possono ritenersi vessatorie, nel qual caso troveranno applicazione gli articoli 33 e s.s. del Codice del Consumo (nullità delle clausole vessatorie).  I rapporti commerciali conclusi online con i consumatori sono regolati dalle norme in tema di contratti a distanza (artt. 50 e ss. Codice del Consumo, in attuazione della Direttiva 97/7/CE). In particolare, prima della conclusione di un contratto a distanza, devono essere fornite le seguenti informazioni (art. 52 Codice del Consumo):

  • identità e indirizzo del professionista;
  • caratteristiche del bene o del servizio;
  • prezzo del bene o del servizio, con separata;
  • indicazione dei costi e delle imposte;
  • modalità di pagamento e consegna;
  • diritto di recesso e modalità di esecuzione;
  • durata della validità dell’offerta e del prezzo;
  • durata minima del contratto ad esecuzione;
  • continuata o periodica;
  • riferimento alle norme del Codice del Consumo.

Tali informazioni devono essere fornite al consumatore con conferma per iscritto o, a sua scelta, su altro supporto duraturo che resti accessibile, prima o al momento della esecuzione del contratto (art. 53 Codice del Consumo), unitamente all’informativa sul diritto di recesso (il consumatore ha diritto di recedere entro 10 giorni lavorativi dal ricevimento dei beni o dalla conclusione del contratto per la prestazione di servizi, senza alcuna penalità e senza specificarne il motivo ai sensi dell’art. 64 Codice del Consumo) e l’indicazione dell’indirizzo a cui rivolgere eventuali reclami.

Per tutte le controversie civili relative alla conclusione di contratti a distanza è competente il giudice del luogo di residenza o di domicilio del consumatore, se ubicati nel territorio dello Stato (art. 63 Codice del Consumo). Tale competenza è inderogabile e non può quindi essere modificata neppure con l’accettazione del consumatore.  

La figura del provider – profili di responsabilità

Il termine provider si riferisce al soggetto che presta una serie piuttosto varia di servizi legati ad internet, ad esempio:

  • il semplice servizio di connessione alla Rete (c.d. access provider);
  • il servizio di trasmissione di dati (c.d. carrier);
  • servizi più articolati come il caching, l’hosting o l’housing (c.d. Internet Service Provider – ISP);  
  • servizi inerenti ai contenuti del sito web (c.d content provider).

Generalmente, il rapporto con i provider è inquadrato nel contratto di appalto di servizi, pertanto il provider risponde nei confronti del proprio cliente secondo le normali regole in materia di responsabilità contrattuale per inadempimento.  

Quanto ad eventuali profili di responsabilità extracontrattuale nei confronti dei terzi, occorre specificare che, salvo che non partecipi in qualche modo alla gestione, il provider non è responsabile dei contenuti pubblicati sul sito. Qualora un provider venga a conoscenza di illeciti pertinenti alle informazioni gestite deve, però, prontamente attivarsi per rimuovere tali informazioni o l’accesso alle stesse. Infatti, un provider può essere ritenuto responsabile – solidalmente con l’autore dell’illecito – dei contenuti del sito, qualora egli svolga una funzione attiva nella creazione e pubblicazione degli stessi. Non sussiste, tuttavia, un obbligo generale di sorveglianza o di ricerca di illiceità in capo al provider.  Egli è però obbligato ad informare l’Autorità qualora venga a conoscenza di presunte attività illecite e fornire, a richiesta dell’Autorità, l’identificazione del destinatario dei servizi.