Con il Decreto Legge 44/2021, rubricato “Misure urgenti per il contenimento dell’epidemia da COVID-19, in materia di vaccinazioni anti SARS-CoV-2, di giustizia e di concorsi pubblici” il Governo aveva previsto una prima forma di “protezione” degli esercenti le professioni sanitarie, con riferimento alla sola somministrazione della vaccinazione anti Covid.

L’art. 3 del decreto regola infatti espressamente la responsabilità penale del personale sanitario che inocula il vaccino, escludendone la punibilità per i fatti di cui agli articoli 589 e  590  del  codice  penale [omicidio colposo e lesioni personali colpose]  verificatisi a causa della somministrazione  del vaccino stesso, purché l’uso di quest’ultimo sia “conforme alle indicazioni contenute nel provvedimento di    autorizzazione all’immissione in commercio emesso dalle competenti autorità e  alle circolari pubblicate  sul  sito  istituzionale  del  Ministero  delle Salute”.

Il cosiddetto scudo penale – inizialmente circoscritto alle sole attività di somministrazione del vaccino – è stato poi esteso con la legge di conversione, la quale ha introdotto un’ulteriore disposizione in merito, l’art. 3 bis, con cui è stata ampliata la protezione in favore dei sanitari che prestano trattamenti riconducibili alle patologie connesse al Covid-19.

La norma, rubricata “responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario durante lo stato di emergenza epidemiologica da CO¬VID-19” sancisce che i fatti di cui agli articoli 589 e 590 del codice penale [omicidio colposo e lesioni personali colpose] commessi nell’esercizio di una professione sanitaria che trovano causa nella situazione di emergenza, siano punibili nei soli casi di colpa grave.

Per valutare la gravità o meno della colpa, il giudice tiene conto, tra i fattori che ne possono escludere la gravità, della limitatezza delle conoscenze scientifiche al momento del fatto sulle patologie da SARS-CoV-2 e sulle terapie appropriate, nonché della scarsità delle risorse umane e materiali concretamente disponibili in relazione al numero dei casi da trattare, oltre che del minor grado di esperienza e conoscenze tecniche possedute dal personale non specializzato impiegato per far fronte all’emergenza.

La limitazione di responsabilità in oggetto opera, a livello temporale, per l’intera durata dello stato di emergenza epidemiologica da COVID19, con decorrenza dalla delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020.